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Realtà e fate morgane: la lettura del Compromesso del 1867 nell’Eroe dei miraggi di László Arany

Eliisa Pitkäsalo; Antonio Donato Sciacovelli

Realtà e fate morgane: la lettura del Compromesso del 1867 nell’Eroe dei miraggi di László Arany

Eliisa Pitkäsalo
Antonio Donato Sciacovelli
Katso/Avaa
Realta e fate morgane 2018.pdf (968.9Kb)
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https://urn.fi/URN:NBN:fi-fe2021042718888

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Civiltà della Mitteleuropa
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Riassunto tematico

Il Compromesso del 1867 aprì le porte a un periodo di rinnovamento (economico, politico, culturale) che si riprometteva di riscattare gli anni seguiti al 1849 – caratterizzati da un clima di guerra civile e repressione -, senza però riuscire a convincere della propria legittimità quella notevole parte della società ungherese che non era – e mai fu – in grado di accettare un patto compromettente con la casata imperiale che aveva soffocato nel sangue l’aspirazione dell’Ungheria a ritrovare la sua indipendenza. Del progetto politico del compromesso e le prime conseguenze dello stesso, tratta un testo letterario di poco successivo alla stipula del compromesso, il romanzo in versi L’eroe dei miraggi (1872) di László Arany, la storia di un giovane idealista che accetta di cimentarsi in numerose nobili cause – inclusa l’unificazione dell’Italia! –, ognuna delle quali finisce per deluderlo. Partendo dalla concezione della rappresentazione allegorica dell’attualità che era nella ballata I bardi del Galles (1857) composta dal poeta János Arany e dalla concezione del romanzo in versi di tipo byroniano (Don Juan), un’opera assolutamente provocatoria che oppone al tono obiettivo dell’epica classica uno stile lirico e disordinato, ai temi grandiosi trattati con un registro patetico degli argomenti quotidiani di cui “chiacchierare” in modo colloquiale, László Arany costruisce la sua “critica” al progetto dualista nella storia personale di Balázs Hűbele (Biagio Testacalda), un ingenuo che crede ciecamente in ciò per cui lotta, mentre il suo autore sa bene che dietro a quel pullulare di iniziative per il “bene comune”, dietro le roboanti parole d’ordine degli uomini politici, si nascondono spesso meschine realtà, che le “pubbliche virtù”, insomma, non sono affatto incompatibili con i “vizi privati”.

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